Vecchio ma buono: l'Old Fashioned come cura all'acredine natalizia.
Secco, ma non secchissimo, è uno dei cocktail più famosi della storia della mixology, il preferito da Don Draper, protagonista della serie Mad Men.
Ladies and gentleman sto parlando del mitico Old Fashioned, consumato già nella prima metà dell’ ‘800 tra le strade di una fumosa e ruggente New York e che ben si presta in queste deliranti giornate di festa.
É, insieme al Sazerac, uno dei cocktail più antichi e fu probabilmente il primo ad essere definito tale, come dimostrano gli annali.
La prima definizione di cocktail apparve il 13 maggio (lo stesso giorno della Madonna ai tre pastorelli in Cova d’Iria… un caso?) del 1806 sul “The Balance and the Columbian Repository”: “Una bevanda alcolica stimolante composta da liquidi alcolici di varia natura, zucchero, acqua e bitters”; praticamente la ricetta di un Old Fashioned.
Ebbene si, l’iconico cocktail è composto da un distillato come il Bourbon (preferito dalla sottoscritta) o Rye, una zolletta di zucchero imbevuta da due gocce di angostura e uno spruzzo di acqua (o soda) utile soltanto a fare disciogliere lo zucchero.
La sua tecnica di preparazione si chiama Build cioè costruire: il cocktail infatti viene “costruito” direttamente nel bicchiere dove sarà servito e mescolato delicatamente con un bar spoon.
Tuttavia, la comparsa del primo vero Old Fashioned la dobbiamo, come spesso accade, a Jerry Thomas e al suo mitico Manuale del vero Gaudente, dove si cita un Whiskey Cocktail, composto da whiskey, zucchero, bitter, acqua e buccia di limone.
L’origine del nome è invece attribuita a Leander Richardson che nel 1886 scrisse un articolo in cui contrapponeva i nuovi cocktail a quelli old fandioned e da allora, questo celebre whiskey cocktail prese il nome che noi tutti oggi conosciamo
Un cocktail talmente amato, che ha dato il nome al tipo di bicchiere in cui viene servito e che l’associazione internazionale dei Bartenders (IBA) ha inserito tra i così detti unforgettables, gli indimenticabili e state certi, che una volta provato, sarà davvero impossibile da dimenticare.
Personalmente - sopratutto in periodo natalizio - ne faccio fori robuste scorte, quando a furia di ascoltare canzoncine melense, mi viene la voglia di urlare ai bambini per strada che Babbo Natale in realtà non esiste. Allora, ordino un Old Fashioned e mi quieto.
Insomma, mentre i tasci bevono Vodka & Redbull e i poveri di spirito si scolano ettolitri di Moskow Mule, tu che sei amante del buon bere, sarai spesso tentato di ordinare un Old Fashioned come pre-dinner perfetto, da abbinare alla tua malinconia.
Ha un colore ambrato e ipnotico che incarna lo spirito del distillato con cui viene preparato e che ti rimanda indietro, a quei locali fumosi e segreti dell’era del proibizionismo, dove si era soliti pestare la buccia di limone con lo zucchero, per celare un pò il sapore e l’odore del whiskey di contrabbando.
Una ricetta che mette insieme le note spigolose dell’angostura con le spezie e la morbidezza del whiskey, che cambia ad ogni sorso e chi vi regalerà momenti unici, di pura contemplazione.
Un cocktail da bevitori purosangue dal temperamento nostalgico e segretamente romantico. Un cocktail perfetto anche in solitaria: soltanto tu, il tuo cuore, il tuo whiskey preferito e Nat King Cole.
I migliori whiskey per un perfetto Old Fashioned:
Buffalo Trace Kentucky Straight Bourbon Whiskey,
Bulleit Straight Bourbon Frontier Whiskey,
Michter's Small Batch Bourbon.
La colonna sonora: Unforgettable di Nat King Cole.
Tecnica di preparazione: Build
Ingredienti
- 4.5 cl Bourbon (o Rye whiskey)
- 2 Dashes Angostura Bitters
- 1 Zolletta di zucchero
- Uno spruzzo di soda (o acqua)
Bicchiere: Old Fashioned
Pezzo freddo, birra calda: il romanticismo a 10 euro (e una vita liquida)
Quante volte vi siete chiesti se per passare una serata romantica con il vostro lui o la vostra lei, fosse necessario spendere cifre esorbitanti se non addirittura accendere un mutuo?
E quante volte, nonostante le cifre spese siete tornati a casa mestamente, con un pugno di mosche?
Il romanticismo a poco prezzo è cosa passata di moda direte voi.
Ma non è esattamente così.
Ad esempio, se per caso ricadete nella categoria dei possessori di un vespone bianco, avete vinto, perché già soltanto con un bel giro zona Addaura all’ora del tramonto, l’avete spuntata.
Se poi siete anche gradevoli d’aspetto, vi basterà un giro attorno al palazzo o semplicemente una posa sul vostro bianco destriero dalla frenata poco sicura.
Se non avete un vespone bianco, probabilmente dovrete impegnarvi un pò di più…
Ma vi assicuro che che basta una passeggiata in centro travolti dalla pioggia, una seduta fronte mare con una bella Birra Forst da 2,5 euro e un pezzo di rosticceria scadente per lavare via il malumore e magari chissà, portarsi a casa un bel ricordo.
Certo, non siamo né Massimo Ciavarro né Eleonora Giorgi, la birra si scalda in fretta e il pezzo diventa freddissimo e in più non siamo a Forte dei Marmi ma nella bella e lurida Palermo.
Il punto è che non siamo più abituati a credere che le cose belle possano anche essere a buon mercato e ci rifugiamo in una cortina borghese fatta di posti à la page e di hipster barbuti (che pure ci piacciono per carità).
Ma noi nati negli anni ’80, cresciuti a pane, Kiss me Licia e fettine panate, in fondo ci crediamo ancora che non bisogna essere ricchi per comprare un pò di felicità.
Basta trovare qualcuno con il ciuffo rosso, un carretto con le bibite, un posto ameno e una bella canzone di Brunori Sas e il gioco è fatto. Con 10 euro vi sarete portati a casa una bella serata, qualche ricordo e pure un pò di soldi per fare benzina e ritornare a casa.
E se pure alla fine, ci ritrovassimo soli e con un pugno di mosche, prima o poi ritroveremo quel posto à la page che ci teneva al sicuro e il budget per ordinare valanghe di gin tonic con il London N°1 o un biglietto per il concerto di Brunori Sas *.
* https://www.youtube.com/watch?v=52puh32B4OI
Cantine Aperte: cinque regole per non farsi detestare
Il nome della manifestazione la dice lunga: migliaia e migliaia di cantine in tutta Italia spalancano le porte e si lasceranno assalire da orde di appassionati e bevitori.
Cosa? Cantine aperte. Quando? Sabato 25 e domenica 26 maggio 2019.*
Sarà il giorno in cui gli ospitality manager e gli addetti all’accoglienza penseranno seriamente al suicidio o a un concorso alle poste nella speranza di un lavoro più tranquillo.
In effetti, quelle volte in cui mi sono ritrovata a partecipare a Cantine aperte, la situazione mi è sembrata spesso delirante.
Da sommelier preposto alla mescita in bouvette, mi sembravano tutti pazzi e alcolizzati.
Da visitatore e curioso mi sembravano tutti pazzi e alcolizzati con la non trascurabile conseguenza di non riuscire ad arrivare a recuperare nemmeno un grissino dal buffet.
Quest’anno ci riprovo, nonostante i traumi passati tornerò a cantine aperte con due miei carissimi amici. Ma torniamo a noi.
Non fate gli enosauri. Gli enosauri sono una via di mezzo tra l’essere umano e Godzilla. Una volta realizzato che, con una modesta cifra, potranno bere e mangiare a dismisura, perdono il senno, si ubriacano e devastano tutto quello che si trova nel loro raggio d'azione.
Nero d’avola, merlot, nebbiolo o catarratto non sono più vini ma essenze da fagocitare senza sosta perché " ho pagato il biglietto e me ne fotto! "
Se anche voi desiderate partecipare a questa bella manifestazione, provate a darvi un contegno e tenendo a mente queste 5 regole riuscirete a non farvi schifiare.
1) Non insistere per aver riempito tutto il calice.
Nonostante possiate bere tutto il vino che desiderate, chi ve lo serve (un sommelier o un impiegato dell’azienda) non potrà riempire il calice fino all’orlo.
Questo non perché voglia lesinare sulla quantità, ma perché le regole di servizio, così come la comune decenza, impongono di colmare il calice non oltre la “curva” del bevante ( cioè la coppa, per intenderci).
Se dipendesse esclusivamente dal desiderio di chi vi serve il vino, vi assicuro (per esperienza personale) che non solo vi riempirebbe il calice fino a farlo straboccare, ma vi darebbe anche tutta la bottiglia, anche un cartone da sei, il tirabusciò, una pacca sulla spalla e le chiavi della sua macchina per farvi andare via. Se volete proprio bere fino a scoppiare, armatevi di santa pazienza e fate con calma la fila tutte le volte che vorrete ricolmato il bicchiere.
2) Vietato tracannare.
Sorseggiate con calma, annusando (o facendo finta) il contenuto.
É il calice che raggiunge la bocca e non viceversa.
Niente gesti plateali: non fate roteare vorticosamente il vino nel calice, impugnatelo dallo stelo e non alzate il mignolino, non reclinate la testa all’indietro per scolarvi l’ultimo sorso.
Non urlate. Non lanciatevi in sperticati e rumorosi brindisi. Non siete al battesimo di vostro cugino. Siete ospiti di una cantina che vuole promuovere la propria attività e i propri prodotti, sforzatevi di essere educati.
3) Evitate rumori molesti.
Nel corso della manifestazione normalmente si inizia con una visita della cantina, dei locali di produzione, affinamento e (se presenti) di imbottigliamento del vino.
Anche in questo caso, la buona educazione sarà cosa gradita: ascoltate la vostra guida, magari togliete pure la suoneria del cellulare ed evitate di parlare al telefono a voce altissima mentre qualcuno si sta sforzando di far bene il proprio lavoro mentre voi siete in gita. Abbiatene rispetto.
4) Animali e minori di anni 18.
Entrambi saranno quasi sempre ammessi.
La buona educazione impone di mantenerli a bada e comunque - nel caso dei nostri amici a quattro zampe - di chiedere preventivamente l’ammissione.
In questo caso, sarebbe corretto munirsi di museruola e guinzaglio: potreste trovare altri animali intorno a voi o persone che detestano la presenza di quadrupedi a piede libero.
5) Sforzatevi di fare qualche foto decente dell’azienda e dei prodotti che andrete a degustare e postatela sui vostri profili social.
Nel farlo l’uso dei tag (@nomedellacantina) e geotag (indicazione della località) sarà cosa gradita.
Evitate l’uso dei trenini di hashtag su Facebook, limitatevi a un breve testo e #cantineaperte2019.
Sul vostro account Instagram invece libero sfogo alla fantasia: #caniteaperte2019 #winetime #winetasting #winemoments #winelovers #peaceandlove e chi più ne ha più ne metta (ricordate sempre tag e geo tag).
Così facendo, avrete ripagato il vostro ospite dell’accoglienza e centrato l’obiettivo della manifestazione: conoscere e far conoscere il buon vino e le persone che quotidianamente sfidano le bizze della natura e dell’umanità per creare e vendere un prodotto che ci piace tanto.
Per il resto, bevete, mangiate e divertitevi!
Io quest’anno sarò ospite della cantina TENUTA GORGHI TONDI. E voi?
* Qui troverete la lista completa delle cantine che aderiscono alla manifestazione e di quelle che hanno rinviato l’evento causa meteo: https://bit.ly/1lUrLW6